Domenico Esposito


Domenico Esposito
Note biografiche
Il mio attivismo politico inizia circa vent’anni fa a Napoli e si è sempre fondato essenzialmente sulla tutela della qualità della vita.
Per il diritto alla casa, negli anni ’90, contro il degrado urbano e per il recupero degli edifici abbandonati all’interno del centro storico, con il gruppo di Anarchici partenopei partecipo all’occupazione dello Studentato Occupato a Via Sedile di Porto, alle spalle di P.zza Borsa, nel quale ho vissuto insieme alla mia attuale compagna per diversi anni, durante i quali, avvicinatomi al mondo dell’artigianato, iniziai ad appoggiare la famosa lotta delle bancarelle di Via Benedetto Croce e P. San Domenico Maggiore, esperienza che mi portò nel giro di poco tempo a diventare leader della protesta, e che mi costò la detenzione di tre giorni al carcere di Poggioreale. Fui incarcerato per essermi esposto contro gli ordini di uno Stato assente, che ha utilizzato in quella circostanza metodi devianti e violenti; ci furono cortei politici di solidarietà, articoli da parte delle principali testate giornalistiche che documentarono l’accaduto, atti giuridici, udienze, colloqui  istituzionali per spiegare l’accaduto e alla fine riuscii a far valere il mio arresto politico. Fu questo il primo passo per l’affermazione del mio ruolo politico al centro storico di Napoli; da questo momento in poi iniziai a capire che lo Stato mi era vicino e che non era del tutto ostile nelle nostre giuste rivendicazioni, che aveva degli apparati funzionali alla tutela del benessere e che le forze dell’ordine non significavano soltanto repressione. Fui totalmente riabilitato e risarcito, così mi sentii pienamente cittadino di uno Stato presente. L’anno successivo, quando si ripresentarono gli stessi divieti di vendita, a inizio protesta, fui chiamato a rappresentare una delegazione di artigiani in questura. Trattai direttamente con il questore e, grazie al mio intervento a favore di tutti i manifestanti, che avevano diritto a vendere per sopravvivere, fu accettata la mia irremovibile proposta. Il questore in persona ci aveva autorizzato a vendere. Una vittoria così, nella storia di questa protesta, che andava avanti da anni, non era mai capitata.
La mia posizione di mediatore tra istituzioni e giuste istanze popolari fu confermata nei mesi successivi quando l’assessore Tecce mi convocò per prendere parte a una riunione istituzionale con gli artigiani del quartiere per decidere le aree idonee alla vendita e per progettare la riqualificazione di un area mercatale di grande valore monumentale nel centro storico. Tutt’ora, passeggiando per le vie del centro storico, si scorgono passando per Piazza del Gesù, via Benedetto Croce fino a Piazza S. Domenico Maggiore quegli stessi artigiani, oggi un po’ più invecchiati, che contribuirono al raggiungimento di quegli obiettivi, che impreziosiscono la città di Napoli con il proprio volto umano, solidale e popolare famoso e riconosciuto in tutto il mondo.
Nel 1998, da artigiano, nasce in me il desiderio d’informare, così fondo il mio giornale “Realtà di Napoli”, autofinanziato e autogestito, ottenendo un discreto successo per gli argomenti trattati sulla qualità della vita, approfondendo un po’ più tecnicamente ciò che la fa diminuire. Analizzavo i rischi e i pregi della cultura di massa affrontando i problemi del degrado sociale, del congestionamento, dell’inquinamento, del senso civico, della mediocrità della politica incapace di fare sistema, dell’iniquità sociale, la scarsa capacità di valorizzare la storia e l’arte, organizzai anche un workshop informativo sull’inspiegabile disattenzione istituzionale dell’artigianato classico partenopeo a P. San Domenico Maggiore (trattando il declino dell’arte liutaia, i bronzi, i pastori e il corallo). Erano gli anni in cui, da artigiano, iniziai a spostare la mia attenzione all’arte della poesia e della pittura con un’arte concettuale incentrata al rapporto uomo-natura, ancora oggi una grande passione. All’epoca, già trattavo la qualità della vita come un qualcosa di più ampio, denunciando ciò che la faceva diminuire, non solo in una chiave ambientalistica. 
Contestualmente a questa mia sete di conoscenza, decido di riavvicinarmi all’attività imprenditoriale di famiglia, ritagliandomi un ruolo in stretta cooperazione con i soci che mi permetteva di non abbandonare il piacere di conoscere, il che mi permise di prendere casa a Vico Sedil Capuano alle spalle del Duomo, e lì iniziai un’intensa relazione di amicizia con il quartiere, con un concreto impegno sociale atto a ridurre il degrado, proponendo modelli civici ai giovani del quartiere di Forcella alternativi alla criminalità e all’illegalità, organizzando feste, cene ed incontri a funzione didattica a casa mia, nelle pubbliche piazze e nei centri sociali, che a quei tempi erano molto attivi, favorendo la cultura della diversità, della socialità e tutti quegli aspetti che condividevo, che da parte mia non venivano visti sotto un profilo ideologico comunista, a me non proprio congeniale, perché lo consideravo troppo utopico non adeguato alla realtà presente.
In questi anni feci praticantato scolastico di supporto all’insegnamento in una scuola elementare di Via Duomo, dove capii che l’apprendimento di comportamenti devianti era connesso alle esperienze sedimentate fin dai primi anni di vita. Frequentai corsi di storia della filosofia e contemporaneamente decisi di recuperare gli studi che avevo lasciato anni prima, a ragioneria all’ITC E. De Nicola; decisi però di riprendere dal settore umanistico, più congeniale ai miei nuovi interessi, scoprendone l’utilità e l’importanza per affrontare in maniera più strutturata il degrado, una sorta di malessere che fa diminuire il benessere.
Mi diplomai nel 2002 da privatista, al liceo Classico Durante di Frattamaggiore, con una tesi di maturità giudicata troppo matura per la mia età; la prof. di italiano quasi non credeva che fosse frutto delle mie esperienze pratiche ed intellettuali. Si intitolava La globalizzazione come dinamica permanente dello sviluppo storico, e aveva come sottotitolo La società umana è figlia dell’amore ideale (rappresentato dal volto di Cristo), che si trasforma nell’impeto travolgente della passione terrena (a sfondo un quadro della rivoluzione francese), il tutto si fonde mettendo in evidenza che il bene passa per la sofferenza e il sacrificio.
Intorno al 2004 ho coopero con il movimento NO Global a Napoli, cercando di portare al suo interno le mie idee, da cultore acerrimo del concetto di non violenza, partecipando e distinguendomi sempre da leader con manifesti e slogan pubblicati da giornali tra cui La Repubblica, IL Mattino, nei quali rivendicavo una nuova forma di globalizzazione più equa, più incentrata sui diritti umani, sulla qualità della vita e su una forma di liberismo più regolamentato.
Fui inascoltato, poiché all’interno del movimento non solo prevalse la violenza, alla quale mi opposi in modo chiaro e netto, e che di fatto distrusse il movimento, ma anche perché il mondo della globalizzazione neo liberista era troppo più grande di me e del nostro movimento, cosicché dopo il diploma decisi di rafforzare le mie conoscenze frequentando corsi di fisica, di chimica, di matematica e corsi di informatica, approfondendo le tematiche economiche di fondo del sistema politico e sociale europeo e globale.
In qualità di presidente dell’AICC BAU HOUSE, nel 2007, ho realizzato una serie di progetti e convegni, tra i quali spiccano il progetto di parco didattico funzionale alla riscoperta del binomio uomo/natura, quindi alla riscoperta del mondo contadino, trattando la provenienza del cibo, la salubrità dei prodotti alimentari funzionali al benessere, il concetto di tracciabilità e di KM zero, la sostenibilità di una cultura della produzione contrapposta a quella consumistica che ci disorienta facendoci perdere il senso della giusta misura; il progetto Pet Therapy con programmi assistiti in presenza di operatori e dell’animale per affrontare il tema della disabilità e del disagio psicofisico, trattando patologie come l’autismo, il fenomeno della devianza giovanile, assistenza agli anziani; il convegno Pet Therapy patrocinato dal Ministero della Salute e dalla Regione Campania sempre sulla Pet Therapy.
Nel periodo dell’emergenza rifiuti a Napoli, ho partecipato alla protesta della discarica di Chiaiano con la maschera di pulcinella, organizzando a tale scopo diverse iniziative tra le quali il comitato Napoli nel mondo, esperienza che mi portò alla stesura della teoria della qualità della vita applicata all’Italia e a Napoli; è proprio in questa fase che iniziano a germogliare le prime idee sull’ideologia della qualità della vita come modello scientifico di tutela e di sviluppo del benessere. 
Nel 2016 ho presentato a Napoli la prima applicazione territoriale dell’ideologia della qualità della vita con il programma che ho presentato come candidato sindaco della lista civica qualità della vita per Napoli con Domenico Esposito, che consiste in una riforma strutturale paesaggistica funzionale all’aumento della produttività e l’occupazione di qualità, senza aumentare la spesa pubblica che va efficientata, ma facendo leva sui capitali privati, creando per questi favorevoli condizioni d’investimento attraverso la proposta di realizzare in partenariato con il pubblico una potente progettualità di modernizzazione urbana e dei settori produttivi, frutto di una profonda conoscenza del territorio e di una forma mentis esperta di sviluppo territoriale.
Oggi, con le competenze acquisite grazie alle numerose esperienze pratiche, mi definisco teorico di sistemi multidisciplinari applicati alla qualità della vita, una figura professionale che opera nell’ambito dell’ideologia della qualità della vita con lo scopo di applicarla allo sviluppo equilibrato della persona umana e di tutti gli ecosistemi necessari al benessere della stessa in qualsiasi habitat, dunque anche in quello urbano.

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